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tava di metterla all’incanto, si radunavano i deputati dell’estimo a suono di campana sotto il portico del pretorio, si leggevano i capitoli ad alta voce, e si deliberava al miglior offerente mediante le cautele di pratica
Siccome poi per la cultura dei gelsi che andava estendendosi sempre più nel territorio di Busto e ne’ dintorni parecchi si recavano al borgo per vendere la loro tela, così nel 1651 fu riconosciuta la necessità di introdurvi un’apposita stadera per pesarla. La Compagnia del SS. che godeva siffatto privilegio, teneva una bussola in cui riponevansi da uno de’ suoi scolari tutte le offerte spontanee, le quali servivano poi a comperare cera ed altri articoli a vantaggio della chiesa.
In quanto poi al lino che si vendeva sul mercato, il conduttore della stadera pesava ad ogni mercante, il quale parimenti era munito di una stadera propria per pesar al minuto, tutta la sua quantità di lino. Terminato il mercato, quel conduttore ripesava il lino, e per cadauna libra venduta riscoteva a titolo di terratico un quattrino. Nel 1652 furono invitati tutti i possessori della regalia delle stadere di qualunque natura fossero a giustificare il titolo del loro possesso sotto comminatoria dell’immediata apprensione. Non possedeva in allora la Communità di Busto Arsizio se non la ragione della stadera piccola per il lino e la seta, che il r. Fisco le impugnava. Ciò diede luogo ad una lite che ebbe termine con una transazione, in forza della quale il Fisco rinunciò ad ogni pretesa su le stadere esistenti nel borgo, conferendo in pari tempo la facultà di introdurvi ogni altra pesa o stadera che a commodo degli abitanti fosse risultata opportuna, e principalmente la stadera grossa per pesare il fieno e la paglia, mediante lo sborso di L. 800 imperiali alla r. Camera.