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già conceduta a Legnano nel dì dei morti, e l’altra nelle feste di Pasqua di Risurrezione andò per non curanza de’ Bustesi stessi totalmente negletta.
Anche in lettera del presidente e dei maestri delle entrate dello Stato di Milano del 24 di ottobre del 1543 leggesi che il Senato approvò quel privilegio a condizione che il dazio della Dogana si potesse riscuotere come agli altri mercati, cioè per cadauno cavallo o cavalla e simili bestie soldi tre, per ogni bue e vacca in soldi due, e per ogni majale in un soldo 1. Inoltre che le granaglie si potessero condurre al borgo stesso solo da terre non comprese nel raggio di dieci millia da Milano.
In riguardo poi all’estrazione delle biade da quel mercato, ciascuno doveva chiedere licenza da un officiale apposito, che gli avrebbe concesso di estrarre da uno a quadro staja per ciascun capo di casa e condurla, occorrendo, fino alla distanza di dieci millia e non più dal borgo.
Alcuni negozianti di Busto mossero lagnanze il 17 d’agosto del 1643 al magistrato, perchè l’impresario esigeva più di quello che era prescritto per il bollo dei pesi e delle misure.
Leggesi finalmente in un interrogatorio fatto ad Ambrogio Crespi console di Busto l’8 di dicembre del 1651
- ↑ Oltre questo dazio detto della Dogana corta, vi era Dogana lunga che variò a seconda de’ tempi. Negli anni 1761, 1762 e 1763, parecchi contratti di bestiami furono pagati ne’ giorni di mercato co’l tenue dazio di soldi tre e mezzo per ogni capo, dove negli altri giorni si dovettero sborsare soldi 32 e 1/2 per ogni cavallo ed altretanti per ogni bue, soldi 22 1/2 per ogni vacca, e soldi 12 e 1/2 per ogni majale, che era affranto l’importo del dazio solito esigersi a titolo di Dogana lunga. Nel libro della Dogana esatta in Busto esistente presso il Regolatore generale dell’Impresa della Dogana della città e ducato di Milano nel 1748 ne’ giorni di mercato e negli altri furono registrali 225 contratti di bestiame