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contadini, or non sono molti anni, si davano per baldoria a farvi non più alle pugne ma alle sassate.

I Bustesi amano i forestieri e li accolgono nelle case loro con gentilezza e liberalità, e chi ha trattato con essi non sa staccarsene che con dispiacere. Sono faceti, pazienti, nel discorso alcun poco procaci; ma a simigiianza degli Insubri, sì caldi amatori della religione1 che aborrano da qualsiasi bestemmia. Ben di rado provocano alcuno, ma non tolerano impunemente d’essere provocati2. E per citare un esempio, que’ di Busto e di Gallarate vennero alle armi tra di loro verso i confini dei due borghi per dissidj sorti in Arnate a motivo di una danza. Questo livore fomentato dal partito de’ Guelfi e Ghibellini ed anche dall’invidia de’ maggiorenti venne sopito per opera di Ambrogio Bossi pretore di Busto, il quale nel 1532 riuscì a stabilire fra quei paesi la pace. Ma per la frequente dimora delle soldatesche perdettero della loro originaria semplicità. In quanto alla foggia di vestire Busto soleva imitare gli stranieri “oggi così il cronista, adottava un costume spagnolo, domani era francese, un altro dì vallone, di poi polacco e tedesco, finalmente, lasciato per così dire la natura dell’uomo, voleva imitare la donna portando lunghe le chiome a guisa uomo selvatico e peloso”.

Questo disprezzo contro chi portava lunghe chiome non doveva essere proprio del cronista, ma sì commune

  1. Ogni anno alla sera del venerdì santo, soleva uscire dalla chiesa di S. Giovanni, una lunga processione, in cui con appositi simboli rappresentavasi la passione del Signore.
    Questa costumanza che continuò fino ai nostri giorni fu tolta per evitare li scandali e i disordini facili a nascere in quell’ora pe’l gran concorso di popolo delle terre circostanti.
  2. Così ce li dipinge il Crespi Castoldo nella sua cronaca di Busto del 1614