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si resero egregi in Busto Arsizio un Benedetto e un Cristoforo Bonsignori, di cui l'uno compose varj discorsi sacri e l'altro era molto perito nel latino e nella musica. Viveva pure nel 1630 un Pietro Bonsignori canonico e decano della collegiata, musico eccellente e grazioso nel conversare.
Bel vanto di questa famiglia è Stefano Bonsignori, nato il 2 di febrajo del 1738 da Giovanni Battista, uno dei primi commercianti del borgo in seta e bambagia e da Giovanna Gallazzi. Apprese in patria le prime lettere e in Milano la retorica e la filosofia. Si approfondì negli studj teologici e fu laureato nella letteratura italiana e latina. In età d'anni 22 venne accolto nella Congregazione degli Oblati. Insegnò in Milano grammatica, retorica, teologia dogmatica e filosofia, e dopo 23 anni d'istruzione fu nominato prefetto della Biblioteca Ambrosiana e decorato del titolo di conte Palatino e di cavalliere Lateranense. Ebbe seggio fra i canonici di Sant'Ambrogio come onorario. Accompagnò l'arcivescovo Visconti in qualità di consigliere e secretario nel 1801 ai comizj di Lione. Fu consacrato Vescovo di Faenza nel 1807 e connumerato fra i cavalieri della Corona di Ferro. Mentre trovavasi a Parigi con li altri vescovi d'Italia fu due volte spedito in deputazione al pontefice Pio VII. In allora le discordie tra la Chiesa e l'Impero per l'istituzione canonica dei beneficj e il matrimonio di Napoleone I con Maria Luigia, gli offrirono campo a dimostrare la sua destrezza conciliativa. Designato in patriarca di Venezia nel 1811, ebbe i titoli di Elemosiniere, di Grande Officiale del Regno, di Senatore, di Conte e Barone e di Membro del Collegio elettorale dei dotti1. Li eventi politici del 1814 lo ritornarono alla sua prima sede in Faenza, dove condusse vita riposata e tranquilla fino all'estrema vecchiezza, e morì il 23 di dicembre del 1826. Ebbe famigliare il greco, l'ebraico, il fran-
- ↑ La fedeltà storica esige per altro che io accenni anche due lettere di lui al sommo pontefice, date il 30 d'agosto del 1814 e tuttora conservate presso l'Archivio Governativo di Milano. In una riprova le dottrine da lui espresse nella Circolare del 15 di dicembre del 1810 ai parochi della sua diocesi intorno al matrimonio, come contrarie alle definizioni in proposito del Concilio di Trento. Nell'altra condanna la propria condutta per aver accettato da Napoleone I la nomina in patriarca di Venezia ed amministrato cotesta diocesi come vicario capitolare.