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forza armata, e vi si pagasse, durante un anno, doppia contribuzione. Infatti ad istanza dei Bustesi, e per interposizione del ministro dell'Interno, queste severe misure furono su'l finir del dicembre levate.

Volgevano solo pochi mesi, allorchè scoppiata in Milano la nota rivoluzione che segnò la caduta del primo Regno Italico e il principio del dominio austriaco, Andrea Crespi Bosinetti detto Bilì, carrettiere, approfittò in Busto di quel tempo di turbolenze per farsi capo della plebe che lo disse suo re. In mezzo ai timori ed all'ebrezza di un popolo che sperava un più lieto avvenire, commandava il Bilì; ma l'usurpato potere non durò in lui che solo tre giorni. I primi ordini che diede a'suoi seguaci volsero a suo prò li elementi della rivolta per sbandarsi nelle case dei proprietarj di Busto a far bottino di vittovaglie, le quali furono poste su la piazza per uso commune. Nè di ciò stette paga quella plebe furibonda; le scritture che erano in deposito presso l'archivio e li altri officj, furono trasportate su la piazza di S. Maria, ove i tumultuanti, che non ne sospettavano nè meno l'importanza, ne diedero una parte alle fiamme. Siffatto errore però apparteneva a un tempo e a un luogo, che apparentemente giustificava tutto, giacchè coloro non sapevano distinguere la vera libertà dalla licenza. A ristabilir l'ordine nel paese contribuì l'energia di alcuni de'migliori, tra cui mi è caro di ricordare Giovanni Azimonti Gallora, Carlo Cesare Bossi e Paolo Tosi.

E qui comincia la terza dominazione austriaca che pareva volesse gettare su'l nostro suolo profonde radici, e nei primordj della quale la nostra provincia fu travagliata anche da fisici malori. Infatti mentre nel febrajo del 1815 il tifo petecchiale andava in Milano cessando, si sviluppò tra li abitanti di Busto. Allora oltre