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92 | rime | (172) |
il volto a lei, com’a vo’ tolto ha lui;
se ’l foco in ghiaccio e ’l riso volge in pianto,
con tale odio di quelle,5
che del cor voto più non si dien vanto.
Ma se rimbotta alquanto
i suo begli occhi nell’usato loco,
fien legne secche in un ardente foco.
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Costei pur si delibra,
indomit’ e selvaggia,
ch’i’ arda, mora e caggia
a quel c’a peso non sie pure un’oncia;
e ’l sangue a libra a libra5
mi svena, e sfibra e ’l corpo all’alma sconcia.
La si gode e racconcia
nel suo fidato specchio,
ove sé vede equale al paradiso;
po’, volta a me, mi concia10
sì, c’oltr’all’esser vecchio,
in quel col mie fo più bello il suo viso,
ond’io vie più deriso
son d’esser brutto; e pur m’è gran ventura,
s’i’ vinco, a farla bella, la natura.15
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Se dal cor lieto divien bello il volto,
dal tristo il brutto; e se donna aspra e bella
il fa, chi fie ma’ quella
che non arda di me com’io di lei?
Po’ c’a destinguer molto5
dalla mie chiara stella