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che, sendomi nemica,
l’amo più c’allor far non doverrei?
     — Io dico che fra voi, potenti dei,
convien c’ogni riverso si sopporti.10
Poi che sarete morti,
di mille ’ngiurie e torti,
amando te com’or di lei tu ardi,
far ne potrai giustamente vendetta.
Ahimè, lasso chi pur tropp’aspetta15
ch’i’ gionga a’ suoi conforti tanto tardi!
Ancor, se ben riguardi,
un generoso, alter e nobil core
perdon’ e porta a chi l’offend’ amore.


148

 
     Con più certa salute
men grazia, donna, mi terrie ancor vivo;
dall’uno e l’altro rivo
degli occhi il petto sarie manco molle.
Doppia mercé mie picciola virtute5
di tanto vince che l’adombra e tolle;
né saggio alcun ma’ volle,
se non sé innalza e sprona,
di quel gioir ch’esser non può capace.
Il troppo è vano e folle;10
ché modesta persona
d’umil fortuna ha più tranquilla pace.
Quel c’a vo’ lice, a me, donna, dispiace:
chi si dà altrui, c’altrui non si prometta,
d’un superchio piacer morte n’aspetta.15