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mi resurge al tuo foco, vecchio e tardi.
Mie dura sorte e mie fortuna avversa
non ha sì dure tempre,
che non m’affligghin men, dove più m’ardi;10
tal ch’e’ tuo accesi sguardi,
di fuor piangendo, dentro circumscrivo,
e di quel c’altri muor sol godo e vivo.
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Se per gioir pur brami affanni e pianti,
più crudo, Amor, m’è più caro ogni strale,
che fra la morte e ’l male
non dona tempo alcun, né brieve spazio:
tal c’a ’ncider gli amanti5
i pianti perdi, e ’l nostro è meno strazio.
Ond’io sol ti ringrazio
della mie morte e non delle mie doglie,
c’ogni mal sana chi la vita toglie.
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Porgo umilmente all’aspro giogo il collo,
il volto lieto a la fortuna ria,
e alla donna mia
nemica il cor di fede e foco pieno;
né dal martir mi crollo,5
anz’ogni or temo non venga meno.
Ché se ’l volto sereno
cibo e vita mi fa d’un gran martire,
qual crudel doglia mi può far morire?