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(113) rime 63

per virtù propia tardi s’innamora.10
Disegna in me di fuora,
com’io fo in pietra od in candido foglio,
che nulla ha dentro, e èvvi ciò ch’io voglio.


112

 
  Il mio refugio e ’l mio ultimo scampo
qual più sicuro è, che non sia men forte
che ’l pianger e ’l pregar? e non m’aita.
Amore e crudeltà m’han posto il campo:
l’un s’arma di pietà, l’altro di morte;5
questa n’ancide, e l’altra tien in vita.
Così l’alma impedita
del mio morir, che sol poria giovarne,
più volte per andarne
s’è mossa là dov’esser sempre spera,10
dov’è beltà sol fuor di donna altiera;
ma l’imagine vera,
della qual vivo, allor risorge al core,
perché da morte non sia vinto amore.


113

 
  Esser non può già ma’ che gli occhi santi
prendin de’ mie, com’io di lor, diletto,
rendendo al divo aspetto,
per dolci risi, amari e tristi pianti.
O fallace speranza degli amanti!5
Com’esser può dissimile e dispari
l’infinita beltà, ’l superchio lume
da ogni mie costume,
che meco ardendo, non ardin del pari?
Fra duo volti diversi e sì contrari10