Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(108) | rime | 61 |
Né altro avvien di cose altere e nuove
in cui si preme la natura, e ’l cielo10
è c’a’ lor parti largo s’apparecchia;
né Dio, suo grazia, mi si mostra altrove
più che ’n alcun leggiadro e mortal velo;
e quel sol amo perch’in lui si specchia.
107
Gli occhi mie vaghi delle cose belle
e l’alma insieme della suo salute
non hanno altra virtute
c’ascenda al ciel, che mirar tutte quelle.
Dalle più alte stelle5
discende uno splendore
che ’l desir tira a quelle,
e qui si chiama amore.
Né altro ha il gentil core
che l’innamori e arda, e che ’l consigli,10
c’un volto che negli occhi lor somigli.
108
Indarno spera, come ’l vulgo dice,
chi fa quel che non de’ grazia o mercede.
Non fu’, com’io credetti, in vo’ felice,
privandomi di me per troppa fede,
né spero com’al sol nuova fenice5
ritornar più; ché ’l tempo nol concede.
Pur godo il mie gran danno sol perch’io
son più mie vostro, che s’i’ fussi mio.