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60 | rime | (105) |
E come quel che contrafà se stesso,
quando è ben notte, più buio esser suole,10
ond’io di far ben mal m’affliggo e lagno.
Pur mi consola assai l’esser concesso
far giorno chiar mia oscura notte al sole
che a voi fu dato al nascer per compagno.
105
Non vider gli occhi miei cosa mortale
allor che ne’ bei vostri intera pace
trovai, ma dentro, ov’ogni mal dispiace,
chi d’amor l’alma a sé simil m’assale;
e se creata a Dio non fusse equale,5
altro che ’l bel di fuor, c’agli occhi piace,
più non vorria; ma perch’è sì fallace,
trascende nella forma universale.
Io dico c’a chi vive quel che muore
quetar non può disir; né par s’aspetti10
l’eterno al tempo, ove altri cangia il pelo.
Voglia sfrenata el senso è, non amore,
che l’alma uccide; e ’l nostro fa perfetti
gli amici qui, ma più per morte in cielo.
106
Per ritornar là donde venne fora,
l’immortal forma al tuo carcer terreno
venne com’angel di pietà sì pieno,
che sana ogn’intelletto e ’l mondo onora.
Questo sol m’arde e questo m’innamora,5
non pur di fuora il tuo volto sereno:
c’amor non già di cosa che vien meno
tien ferma speme, in cui virtù dimora.