Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(100) | rime | 57 |
se di tal sorte ’l ciel, che l’alma veste,
tard’ o per tempo alcun mai non ne spoglia?
A che ’l cor lass’ a più languir m’invoglia,5
s’altri pur dee morir? Dunche per queste
luci l’ore del fin fian men moleste;
c’ogni altro ben val men c’ogni mia doglia.
Però se ’l colpo ch’io ne rub’ e ’nvolo
schifar non posso, almen, s’è destinato,10
chi entrerà ’nfra la dolcezza e ’l duolo?
Se vint’ e preso i’ debb’esser beato,
maraviglia non è se nudo e solo
resto prigion d’un cavalier armato.
99
Ben mi dove’ con sì felice sorte,
mentre che Febo il poggio tutto ardea,
levar da terra, allor quand’io potea,
con le suo penne, e far dolce la morte.
Or m’è sparito; e se ’l fuggir men forte5
de’ giorni lieti invan mi promettea,
ragione è ben c’all’alma ingrata e rea
pietà le mani e ’l ciel chiugga le porte.
Le penne mi furn’ale e ’l poggio scale,
Febo lucerna a’ piè; né m’era allora10
men salute il morir che maraviglia.
Morendo or senza, al ciel l’alma non sale,
né di lor la memoria il cor ristora:
ché tardi e doppo il danno, chi consiglia?
100
Ben fu, temprando il ciel tuo vivo raggio,
solo a du’ occhi, a me di pietà vòto,