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(95) rime 55

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     D’altrui pietoso e sol di sé spietato
nasce un vil bruto, che con pena e doglia
l’altrui man veste e la suo scorza spoglia
e sol per morte si può dir ben nato.
     Così volesse al mie signor mie fato5
vestir suo viva di mie morta spoglia,
che, come serpe al sasso si discoglia,
pur per morte potria cangiar mie stato.
     O fussi sol la mie l’irsuta pelle
che, del suo pel contesta, fa tal gonna10
che con ventura stringe sì bel seno,
     ch’i’ l’are’ pure il giorno; o le pianelle
che fanno a quel di lor basa e colonna,
ch’i’ pur ne porterei duo nevi almeno.


95

 
     Rendete agli occhi mei, o fonte o fiume,
l’onde della non vostra e salda vena,
che più v’innalza e cresce, e con più lena
che non è ’l vostro natural costume.
     E tu, folt’aïr, che ’l celeste lume5
tempri a’ trist’occhi, de’ sospir mie piena,
rendigli al cor mie lasso e rasserena
tua scura faccia al mie visivo acume.
     Renda la terra i passi alle mie piante,
c’ancor l’erba germugli che gli è tolta,10
e ’l suono eco, già sorda a’ mie lamenti;
     gli sguardi agli occhi mie tuo luce sante,
ch’i’ possa altra bellezza un’altra volta
amar, po’ che di me non ti contenti.