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46 rime (82)


82

 
     Non posso altra figura immaginarmi
o di nud’ombra o di terrestre spoglia,
col più alto pensier, tal che mie voglia
contra la tuo beltà di quella s’armi.
     Ché da te mosso, tanto scender parmi,5
c’Amor d’ogni valor mi priva e spoglia,
ond’a pensar di minuir mie doglia
duplicando, la morte viene a darmi.
     Però non val che più sproni mie fuga,
doppiando ’l corso alla beltà nemica,10
ché ’l men dal più veloce non si scosta.
     Amor con le sue man gli occhi m’asciuga,
promettendomi cara ogni fatica;
ché vile esser non può chi tanto costa.


83

 
     Veggio nel tuo bel viso, signor mio,
quel che narrar mal puossi in questa vita:
l’anima, della carne ancor vestita,
con esso è già più volte ascesa a Dio.
     E se ’l vulgo malvagio, isciocco e rio,5
di quel che sente, altrui segna e addita,
non è l’intensa voglia men gradita,
l’amor, la fede e l’onesto desio.
     A quel pietoso fonte, onde siàn tutti,
s’assembra ogni beltà che qua si vede10
più c’altra cosa alle persone accorte;
     né altro saggio abbiàn né altri frutti
del cielo in terra; e chi v’ama con fede
trascende a Dio e fa dolce la morte.