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     Dal dolce pianto al doloroso riso,
da una etterna a una corta pace
caduto son: là dove ’l ver si tace,
soprasta ’l senso a quel da lui diviso.
     Né so se dal mie core o dal tuo viso5
la colpa vien del mal, che men dispiace
quante più cresce, o dall’ardente face
de gli occhi tuo rubati al paradiso.
     La tuo beltà non è cosa mortale,
ma fatta su dal ciel fra noi divina;10
ond’io perdendo ardendo mi conforto,
     c’appresso a te non esser posso tale.
Se l’arme il ciel del mie morir destina,
chi può, s’i’ muoio, dir c’abbiate il torto?


79

 
     Felice spirto, che con zelo ardente,
vecchio alla morte, in vita il mio cor tieni,
e fra mill’altri tuo diletti e beni
me sol saluti fra più nobil gente;
     come mi fusti agli occhi, or alla mente,5
per l’altru’ fiate a consolar mi vieni,
onde la speme il duol par che raffreni,
che non men che ’l disio l’anima sente.
     Dunche, trovando in te chi per me parla
grazia di te per me fra tante cure,10
tal grazia ne ringrazia chi ti scrive.
     Che sconcia e grande usur saria a farla,
donandoti turpissime pitture
per rïaver persone belle e vive.