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Non so se s’è la desïata luce
del suo primo fattor, che l’alma sente,
o se dalla memoria della gente
alcun’altra beltà nel cor traluce;
o se fama o se sogno alcun produce5
agli occhi manifesto, al cor presente,
di sé lasciando un non so che cocente
ch’è forse or quel c’a pianger mi conduce.
Quel ch’i’ sento e ch’i’ cerco e chi mi guidi
meco non è; né so ben veder dove10
trovar mel possa, e par c’altri mel mostri.
Questo, signor, m’avvien, po’ ch’i’ vi vidi,
c’un dolce amaro, un sì e no mi muove:
certo saranno stati gli occhi vostri.
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Se ’l foco fusse alla bellezza equale
degli occhi vostri, che da que’ si parte,
non avrie ’l mondo sì gelata parte
che non ardessi com’acceso strale.
Ma ’l ciel, pietoso d’ogni nostro male,5
a noi d’ogni beltà, che ’n voi comparte,
la visiva virtù toglie e diparte
per tranquillar la vita aspr’e mortale.
Non è par dunche il foco alla beltate,
ché sol di quel s’infiamma e s’innamora10
altri del bel del ciel, ch’è da lui inteso.
Così n’avvien, signore, in questa etate:
se non vi par per voi ch’i’ arda e mora,
poca capacità m’ha poco acceso.