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(64) | rime | 33 |
né l’unica fenice sé riprende5
se non prim’arsa; ond’io, s’ardendo moro,
spero più chiar resurger tra coloro
che morte accresce e ’l tempo non offende.
Del foco, di ch’i’ parlo, ho gran ventura
c’ancor per rinnovarmi abbi in me loco,10
sendo già quasi nel numer de’ morti.
O ver, s’al cielo ascende per natura,
al suo elemento, e ch’io converso in foco
sie, come fie che seco non mi porti?
63
Sì amico al freddo sasso è ’l foco interno
che, di quel tratto, se lo circumscrive,
che l’arda e spezzi, in qualche modo vive,
legando con sé gli altri in loco etterno.
E se ’n fornace dura, istate e verno5
vince, e ’n più pregio che prima s’ascrive,
come purgata infra l’altre alte e dive
alma nel ciel tornasse da l’inferno.
Così tratto di me, se mi dissolve
il foco, che m’è dentro occulto gioco,10
arso e po’ spento aver più vita posso.
Dunche, s’i’ vivo, fatto fummo e polve,
etterno ben sarò, s’induro al foco;
da tale oro e non ferro son percosso.
64
Se ’l foco il sasso rompe e ’l ferro squaglia,
figlio del lor medesmo e duro interno,
che farà ’l più ardente dell’inferno
d’un nimico covon secco di paglia?