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380 APPARATO (229)

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Occhi miei, siate certi che il tempo passa e s'avvicina l'ora in cui sarà chiuso il varco alle tristi lacrime. Vi tenga aperti la pietà finché la mia divina donna si degnerà d'abitare in terra. Ma se la grazia le schiuderà il cielo, come suol fare ai beati, sì che questo mio vivo sole si parta da noi per tornare lassù; allora, che cosa avrete più da vedere qui in terra?

AB XIII mad. f. 30; V f. 36a; Voc f. 9b; R f. 10b; Gian. f. 49b; B f. 83a; G p. 74; F p. 132 (CIX, 23). V costituisce l’ultima redazione e diverge da AB XIII, ai vv. 1, 11. Le copie sono intermedie. — T = V.

Ochi mie, siete! certi che ’1 tempo passa e l’ora s’auicina, ch'a le lacrime triste il passo serra. Pietà ui tenga aperti, mentre la mie diuina 5 donna si degnia d’abitare in terra. Se gratia il ciel diserra, com'a’ beati suole, questo mie uiuo sole se lassù lassù torna e partesi da noi, 10 che cosa arete qua ? da ueder® poi

1 siate 2 qui 3 cp.: mirar

v. 7, Ve: il uel - R: ‘il uer'; forse errori di trascrizione. F, in base al contenuto, suppone che il mad. sia da collocare tra gli ultimi de- dicati a VC (1544-46).

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Perché le tue grandi bellezze siano riposte in donna più cortese e men crudele, io prego che la natura si vipigli tutte quelle che con gli anni ti abbandonano e che le serbi per formare, sul modello del tuo volto divino e sereno, un'altra, gentile figura di cielo, cui amore avrà poi sempre cura di rifare un cuore che sia pieno di grazia e di pietà. Così serbi il cielo anche i miei sospiri, e raccolga insieme