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(54) rime 27

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     Io crederrei, se tu fussi di sasso,
amarti con tal fede, ch’i’ potrei
farti meco venir più che di passo;
se fussi morto, parlar ti farei,
se fussi in ciel, ti tirerei a basso5
co’ pianti, co’ sospir, co’ prieghi miei.
Sendo vivo e di carne, e qui tra noi,
chi t’ama e serve che de’ creder poi?
     I’ non posso altro far che seguitarti,
e della grande impresa non mi pento.10
Tu non se’ fatta com’un uom da sarti,
che si muove di fuor, si muove drento;
e se dalla ragion tu non ti parti,
spero c’un dì tu mi fara’ contento:
ché ’l morso il ben servir togli’ a’ serpenti,15
come l’agresto quand’allega i denti.
     E’ non è forza contr’a l’umiltate,
né crudeltà può star contr’a l’amore;
ogni durezza suol vincer pietate,
sì come l’allegrezza fa ’l dolore;20
una nuova nel mondo alta beltate
come la tuo non ha ’ltrimenti il core;
c’una vagina, ch’è dritta a vedella,
non può dentro tener torte coltella.
  E non può esser pur che qualche poco25
la mie gran servitù non ti sie cara;
pensa che non si truova in ogni loco
la fede negli amici, che è sì rara;
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.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .
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  Quando un dì sto che veder non ti posso,
non posso trovar pace in luogo ignuno;