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320 APPARATO (140)

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Se, come si crede, l’anima ritornerà infine nella sua dolce e de- siderata spoglia mortale, sia che il cielo la salvi o la danni, mi sarà men doloroso l'inferno se tu l'adornerai con la tua bellezza che altri potranno vedere e contemplare. Ma se essa salirà al cielo, come io desidero con ogni cura e col più caldo affetto, il godimento della contemplazione di Dio sarà minore che quello della tua presenza se anche in paradiso, come quaggiù, ogni altro piacere sarà inferiore a quello prodotto dal tuo dolce e divin volto. Perciò mi riprometto d’amarti meglio nell'altra vita, ove a chi è dannato una diminu- zione di sofferenza giova più di quanto non noccia al beato una diminuzione di beatitudine.

V f. 36b; G p. 103; F p. 198 (CIX, 96), — T=V.

Se l’alma al fin ritorna nella suo dolce e desiata spoglia, o danni o salui il ciel, come si crede, ne l’inferno men doglia, se tuo beltà l’adorna, fie, parte c’altri ti contempla e uede. S'al cielo ascende e riede, com'io seco desio e con tal cura e con sì caldo afecto, fie men fruire Dio, 10 s'ogni altro piacer cede, come di qua, al tuo diuo e dolce aspecto. Che me’ d'amarti aspecto, se più gioua men doglia a chi è dannato, che ’n ciel non nuoce l’esser men beato. 15

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Si colloca qui per stretta affinità di concetto e di immagini col n. precedente.

I4I

Poiché, o donna, alla mia grande speranza, se considero bene, la tua corrispondenza è breve e scarsa, mi accontenterò di godere delle illusorie ed esteriori promesse dei tuoi occhi; ché, se pur senza pietà,