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134 | rime | (282) |
282
Con tanta servitù, con tanto tedio
e con falsi concetti e gran periglio
dell’alma, a sculpir qui cose divine.
283
Non può, Signor mie car, la fresca e verde
età sentir, quant’a l’ultimo passo
si cangia gusto, amor, voglie e pensieri.
Più l’alma acquista ove più ’l mondo perde;
l’arte e la morte non va bene insieme:5
che convien più che di me dunche speri?
284
S’a tuo nome ho concetto alcuno immago,
non è senza del par seco la morte,
onde l’arte e l’ingegno si dilegua.
Ma se, quel c’alcun crede, i’ pur m’appago
che si ritorni a viver, a tal sorte5
ti servirò, s’avvien che l’arte segua.
285
Giunto è già ’l corso della vita mia,
con tempestoso mar, per fragil barca,
al comun porto, ov’a render si varca
conto e ragion d’ogni opra trista e pia.
Onde l’affettüosa fantasia5
che l’arte mi fece idol e monarca