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272

 
     Tornami al tempo, allor che lenta e sciolta
al cieco ardor m’era la briglia e ’l freno;
rendimi il volto angelico e sereno
onde fu seco ogni virtù sepolta,
     e ’ passi spessi e con fatica molta,5
che son sì lenti a chi è d’anni pieno;
tornami l’acqua e ’l foco in mezzo ’l seno,
se vuo’ di me saziarti un’altra volta.
     E s’egli è pur, Amor, che tu sol viva
de’ dolci amari pianti de’ mortali,10
d’un vecchio stanco oma’ puo’ goder poco;
     ché l’alma, quasi giunta a l’altra riva,
fa scudo a’ tuo di più pietosi strali:
e d’un legn’arso fa vil pruova il foco.


273

 
     Se sempre è solo e un quel che sol muove
il tutto per altezza e per traverso,
non sempre a no’ si mostra per un verso,
ma più e men quante suo grazia piove.
     A me d’un modo e d’altri in ogni altrove:5
più e men chiaro o più lucente e terso,
secondo l’egritudin, che disperso
ha l’intelletto a le divine pruove.
     Nel cor ch’è più capace più s’appiglia,
se dir si può, ’l suo volto e ’l suo valore;10
e di quel fassi sol guida e lucerna.
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.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .
truova conforme a la suo parte interna.