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122 rime (258)


che mi lieva di terra e porta ’l core
dove per suo virtù non gli è concesso?
     Forse c’ogn’ intervallo n’è promesso5
da l’uno a l’altro tuo messo d’amore,
perc’ogni raro ha più forz’e valore
quant’è più desïato e meno appresso.
     La notte è l’intervallo, e ’l dì la luce:
l’una m’agghiaccia ’l cor, l’altro l’infiamma10
d’amor, di fede e d’un celeste foco.


258

 
     Quantunche sie che la beltà divina
qui manifesti il tuo bel volto umano,
donna, il piacer lontano
m’è corto sì, che del tuo non mi parto,
c’a l’alma pellegrina5
gli è duro ogni altro sentiero erto o arto.
Ond’ il tempo comparto:
per gli occhi il giorno e per la notte il core,
senza intervallo alcun c’al cielo aspiri.
Sì ’l destinato parto10
mi ferm’al tuo splendore,
c’alzar non lassa i mie ardenti desiri,
s’altro non è che tiri
la mente al ciel per grazia o per mercede:
tardi ama il cor quel che l’occhio non vede.15


259

 
     Ben può talor col mie ’rdente desio
salir la speme e non esser fallace,
ché s’ogni nostro affetto al ciel dispiace,
a che fin fatto arebbe il mondo Iddio?