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(253) | rime | 119 |
Chi gli omer’ altru’ ’mpenna e po’ tra via5
a lungo andar la rete occulta ha tesa,
l’ardente carità d’amore accesa
là più l’ammorza ov’arder più desia.
Però, Luigi mio, tenete chiara
la prima grazia, ond’io la vita porto,10
che non si turbi per tempesta o vento.
L’isdegno ogni mercé vincere impara,
e s’i’ son ben del vero amico accorto,
mille piacer non vaglion un tormento.
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Perch’è troppo molesta,
ancor che dolce sia,
quella mercé che l’alma legar suole,
mie libertà di questa
vostr’alta cortesia5
più che d’un furto si lamenta e duole.
E com’occhio nel sole
disgrega suo virtù ch’esser dovrebbe
di maggior luce, s’a veder ne sprona,
così ’l desir non vuole10
zoppa la grazia in me, che da vo’ crebbe.
Ché ’l poco al troppo spesso s’abbandona,
né questo a quel perdona:
c’amor vuol sol gli amici, onde son rari
di fortuna e virtù simili e pari.15
253
S’i’ fussi stato ne’ prim’anni accorto
del fuoco, allor di fuor, che m’arde or drento,
per men mal, non che spento,