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(244) rime 115


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     Ognor che l’idol mio si rappresenta
agli occhi del mie cor debile e forte,
fra l’uno e l’altro obbietto entra la morte,
e più ’l discaccia, se più mi spaventa.
     L’alma di tale oltraggio esser contenta5
più spera che gioir d’ogni altra sorte;
l’invitto Amor, con suo più chiare scorte,
a suo difesa s’arma e s’argomenta:
     Morir, dice, si può sol una volta,
né più si nasce; e chi col mie ’mor muore,10
che fie po’, s’anzi morte in quel soggiorna?
     L’acceso amor, donde vien l’alma sciolta,
s’è calamita al suo simile ardore,
com’or purgata in foco, a Dio si torna.


244

 
     Se ’l duol fa pur, com’alcun dice, bello,
privo piangendo d’un bel volto umano,
l’essere infermo è sano,
fa vita e grazia la disgrazia mia:
ché ’l dolce amaro è quello5
che, contr’a l’alma, il van pensier desia.
Né può fortuna ria
contr’a chi basso vola,
girando, trïonfar d’alta ruina;
ché mie benigna e pia10
povertà nuda e sola,
m’è nuova ferza e dolce disciplina:
c’a l’alma pellegrina
è più salute, o per guerra o per gioco,
saper perdere assai che vincer poco.15