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(236) | rime | 111 |
gli è morte, donna, se te non somiglia,
qual vetro che non bene5
senz’altra scorza ogni su’ obbietto piglia.
Esempro e maraviglia
ben fie a chi si dispera
della tuo grazia al suo ’nfelice stato,
s’e’ begli occhi e le ciglia10
con la tuo pietà vera
volgi a far me sì tardi ancor beato:
a la miseria nato,
s’al fier destin preval grazia e ventura,
da te fie vinto il cielo e la natura.15
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Un uomo in una donna, anzi uno dio
per la sua bocca parla,
ond’io per ascoltarla
son fatto tal, che ma’ più sarò mio.
I’ credo ben, po’ ch’io5
a me da lei fu’ tolto,
fuor di me stesso aver di me pietate;
sì sopra ’l van desio
mi sprona il suo bel volto,
ch’i’ veggio morte in ogni altra beltate.10
O donna che passate
per acqua e foco l’alme a’ lieti giorni,
deh, fate c’a me stesso più non torni.
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Se ben concetto ha la divina parte
il volto e gli atti d’alcun, po’ di quello
doppio valor con breve e vil modello
dà vita a’ sassi, e non è forza d’arte.