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4 rime (4)

     Da quanti lacci ancor, da quante rete
vago uccelletto per maligna sorte10
campa molt’anni per morir po’ peggio,
     tal di me, donne, Amor, come vedete,
per darmi in questa età più crudel morte,
campato m’ha gran tempo, come veggio.


4

 
     Quanto si gode, lieta e ben contesta
di fior sopra ’ crin d’or d’una, grillanda,
che l’altro inanzi l’uno all’altro manda,
come ch’il primo sia a baciar la testa!
     Contenta è tutto il giorno quella vesta5
che serra ’l petto e poi par che si spanda,
e quel c’oro filato si domanda
le guanci’ e ’l collo di toccar non resta.
     Ma più lieto quel nastro par che goda,
dorato in punta, con sì fatte tempre10
che preme e tocca il petto ch’egli allaccia.
     E la schietta cintura che s’annoda
mi par dir seco: qui vo’ stringer sempre.
Or che farebbon dunche le mie braccia?


5

 
I’ ho già fatto un gozzo in questo stento,
coma fa l’acqua a’ gatti in Lombardia
o ver d’altro paese che si sia,
c’a forza ’l ventre appicca sotto ’l mento.
  La barba al cielo, e la memoria sento5
in sullo scrigno, e ’l petto fo d’arpia,
e ’l pennel sopra ’l viso tuttavia
mel fa, gocciando, un ricco pavimento.