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68 | la cena de le ceneri |
ben che timida — ed incostantemente, perchè l’avea più per fede, che per scienza, ed il divino Cusano nel secondo suo libro de la dotta ignoranza, ed altri in ogni modo rari soggetti, l’abbino detto, insegnato e confirmato prima: perché lui lo tiene per altri proprii e più saldi principii, per i quali, non per autoritate, ma per vivo senso e ragione, ha così certo questo, come ogni altra cosa, che possa aver per certa.
Smi. Questo è bene. Ma di grazia, che argumento è quello, che apporta questo superliminario del Copernico. perchè gli pare, ch’abbia più che qualche verisimilitudine, se pur non è vero, che la stella di Venere debba aver tanta varietà di grandezza, quanta n’ha di distanza?
Teo. Questo pazzo, il quale teme ed ha zelo, che alcuni impazzano con la dottrina del Copernico, non so, se ad un bisogno avrebbe possuto portar più inconvenienti di quello che per aver apportato con tanta solennità stima sufficiente a dimostrar, che pensar quello sii cosa da un troppo ignorante d’ottica e geometria. Vorrei sapere, di quale ottica e geometria intende questa bestia, che mostra pur troppo, quanto sii ignorante de la vera ottica e geometria lui e quelli, da’ quali have imparato. Vorrei sapere, come da la grandezza de’corpi luminosi si può inferir la ragione de la propinquità e lontananza di quelli? e per il contrario, come da la distanza e propinquità di corpi simili si può inferire qualche proporzionale varietà di grandezza? Vorrei sapere, con qual principio di prospettiva, o di ottica noi da ogni varietà di diametro possiamo definitivamente conchiudere la giusta distanza, o la maggior e minor differenza? Desiderarei intendere, se noi facciamo