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dialogo secondo | 55 |
curio, o fussi montato sopra il cavallo pegaseo, o premessi la schiena al destrier di Perseo, o cavalcassi l’ippogrifo d’Astolfo, o ti menassi il dromedario
di Madian, o ti trottassi sotto una de le giraffe de li tre maghi, a forza di bussate ti faran correre, aiutandoti ad andar avanti con que’ fieri pugni, che meglio sarebbe per te fussero tanti calci di bue, d’asino, o di mulo: non ti lasciaranno mai, sin tanto che non t’abbiano ficcato dentro una prigione, e qua me tibi commendo.
Pru. A fulgore et tempestate, ab ira et indignatione, malitia, tentatione et furia rusticorum.
Fru. Libera nos, domine!
Teo. Oltre a questi s’aggiunge l’ordine di servitori.
Non parlo di quelli de la prima cotta, i quali son gentiluomini di baroni, e per ordinario non portano impresa, o marca, se non o per troppa ambizione de gli uni, o per soverchia adulazion de gli altri: tra questi si ritrova civiltà.
Pru. Omnis regala exceptioncm patitur.
Teo. Ma, eccettuando però di tutte specie alcuni, che vi posson essere men capaci di tal censura, parlo de le altre specie di servitori, de’ quali altri sono de la seconda cotta; e questi tutti portano la marca affibbiata a dosso. Altri sono de la terza cotta, li padroni de’ quali non son tanto grandi, che li convenga dar marca a’ servitori, o pur essi son stimati indegni ed incapaci di portarla. Altri sono de la quarta cotta; e questi sieguono li marcati e non marcati, e son servi de’ servi.
Pru. Servus servorum non est malus titulus usquequaque.
Teo. Quelli de la prima cotta son i poveri e bisognosi gentiluomini, li quali per disegno di roba,