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36 | la cena de le ceneri |
dall’intelligenza di cose manifestissime; non altrimenti ch’accader suole a quei, che sono avvezzati a mangiar veleno, la complession de’ quali al fine non solamente non ne sente oltraggio, ma ancora se l'ha convertilo in nutrimento naturale: di sorte che l’antidoto istesso li è divenuto mortifero. Or dimmi, con quale arte ti conciliarai queste orecchie più tosto tu, ch’un altro? essendo che ne l’animo di quello è forse meno inclinazione ad attendere le tue proposizioni, che quelle di mill'altri diverse?
Teo. Questo è dono de li dei, se ti guidano e dispensano le sorti da farti venir all’incontro un uomo, che non tanto abbia l'esiimazion di vera guida, quanto in verità sii tale, ed illuminano l’interno tuo spirto al far elezione di quel ch’è migliore.
Smi. Però comunemente si va a presso al giudizio comune, a fin che, se si fa errore, quello non sarà senza gran favore e compagnia.
Teo. Pensiero indegnissimo d’un uomo! Per questo gli uomini savi e divini son assai pochi; e la volontà de li dei è questa, atteso che non è comune e generale.
Smi. Credo bene, che la verità è conosciuta da pochi, e le cose pregiate son possedute da pochissimi; ma mi confonde, che molte cose son poche tra pochi, e forse a presso un solo, che non denno esser stimate, non vagliono nulla, e possono esser maggior pazzie e vizii.
Teo. Bene! ma in fine è più sicuro cercar il vero e conveniente fuor de la moltitudine, perchè questa mai apportò cosa preziosa e degna, e sempre tra pochi si trovorno le cose di perfezione e pregio, le quali se fusser sole ad esser rare ed a presso rari, ognuno, ben che non le sapesse ritrovare, al meno