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dialogo primo 29


Fru. Como avvenne a que’ doi dottori barbareschi, de' quali parlareremo; l’un de' quali, non sapendo più che si rispondere, e che argumentare, s’alzò in piedi, in atto di volerla finir con una provisione di adagi d’Erasmo, o ver coi pugni, gridò: quid? nonne Anticyram navigas? tu ille phitosophorum protoplastes, qui nec Ptolomaeo, nec tot, tantorumque philosophorum, et astronomorum majestati quippiam concedis! Tu ne nodum in scirpo quaerites? ed altri propositi, degni d’essergli decisi a dosso con quelle verghe doppie, chiamale bastoni, con le quali i facchini soglion prender la misura per far i giubboni a gli asini.

Teo. Lasciamo questi propositi per ora! Sono alcuni altri, che per qualche credula pazzia, temendo, che per vedere non si guastino, vogliono ostinatamente perseverare nelle tenebre di quello ch’hanno una volta malamente appreso. Altri poi sono i felici e ben nati ingegni, verso li quali nissuno onorato studio è perso; temerariamente non giudicano, hanno libero l’intelletto, terso il vedere, e son produtti dal cielo, se non inventori, degni però esaminatori, scrutatori, giudici, e testimoni de la verità. Di questi ha guadagnato, guadagna, e guadagnerà l’assenso e l’amore il Nolano. Questi son que’ nobilissimi ingegni, che son capaci d’udirlo e disputar con lui.. Perché in vero nissuno è degno di contrastargli circa queste materie, che, se non vien contento di consentirgli a fatto, per non essere tanto capace, non gli sottoscriva almeno ne le cose molte, maggiori, e principali, e confessi, che quello che non può conoscere per più vero, è certo, che sii più verisimile.

Pru. Sii come la si vuole, io non voglio discostarmi dal parer de gli antichi; perchè dice il saggio: Ne l'antiquità è la sapienza.