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proemiale epistola 11

di suoi stracci: considerate, signore, che il dialogo è istoriale, dove, mentre si riferiscono l’occasioni, i moti, i passaggi, i rincontri, i gesti, gli affetti, i discorsi, le proposte, le risposte, i propositi, ed i spropositi, rimettendo tutto sotto il rigore del giudizio di que’quattro, non è cosa, che non vi possa venir a proposito con qualche ragione. Considerate ancora, che non v’è parola oziosa; perchè in tutte parti è da mietere, e da disotterrar cose di non mediocre importanza, e forse più là dove meno appare. Quanto a quello, che ne la superficie si presenta, quelli che n’han donato occasione di far il dialogo, e forse una satira, e comedia, han modo di divenir più circospetti, quando misurano gli uomini con quella verga, con la quale si misura il velluto, e con la lance di metalli bilanciano gli animi. Quelli, che saranno spettatori, o lettori, e che vedranno il modo, con cui altri son tocchi, hanno per farsi accorti ed imparar a l’altrui spese. Que’, che son feriti, o punti, apriranno forse gli occhi, e vedendo la sua povertà, nudità, indignità, se non per amore, per vergogna almeno si potran correggere, o coprire, se non vogliono confessare. Se vi par il nostro Teofilo e Frulla troppo grave e rigidamente toccare il dorso di alcuni suppositi, considerate, signor, che questi animali non han sì tenero il cuoio; chè, se le scorse fussero a cento doppia maggiori, non le stimarebbono punto, o sentirebbono più, che se fussero palpate d’una fanciulla. Nè vorrei, che mi stimaste degno di riprensione per quel, che sopra si fatte inezie e tanto indegno campo, che n’han porgiuto questi dottori, abbiamo voluto esagerar si gravi, e si degni propositi; perchè son certo, che sappiate, esser differenza da togliere una cosa per