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proemiale epistola 9


Avete nel principio del quarto dialogo mezzo per rispondere a tutte ragioni ed inconvenienti teologali, e per mostrar questa filosofia esser conforme a la vera teologia, e degna d’esser favorita dalle vere religioni. Nel resto vi si pone avanti uno, che non sapea nè disputar, nè dimandar a proposito; il quale per esser più impudente ed arrogante, pareva a li più ignoranti, più dotto, ch’il dottor Nundinio. Ma vedrete, che non basterebbono tutte le presse del mondo, per cavar una stilla di succhio dal suo dire, per prender materia di far dimandar Smitho, e rispondere il Teofilo, ma è affatto soggetto de le spampanate di Prudenzio, e de’ rovesci di Frulla. E certo mi rincresce, che quella parte vi si trovi.

S’aggiunge il quinto dialogo; vi giuro, non per altro rispetto, eccetto che per non conchiudere sì sterilemente la nostra cena. Qui primamente s’apporta la convenientissima disposizione di corpi ne l’eterea regione, mostrando, che quello, che si dice ottava spera, cielo de le fisse, non è si fattamente un cielo, che que’ corpi, ch’appaiono lucidi, siano equidistanti dal mezzo; ma che tali appaiono vicini, che son distanti di longhezza e latitudine l’uno da l’altro più che non possa essere l’uno e l’altro dal sole e da la terra: secondo, che non sono sette erranti corpi solamente, per tal cagione, che sette n’abbiamo compresi per tali, ma che per la medesima ragione sono altri innumerabili, quali da gli antichi, e veri filosofi non senza causa sono stati nomati Aethra, che vuol dire corridori1, per che essi son que’ corpi, che veramente si muovono, e non l’imaginate spere;

  1. Pare che qui si confondano il vocabolo greco άθρα e il latino atria da atrium.