mattaccinesco, sì tragico, sì comico, che certo credo, che non vi sarà poca occasione da devenir eroico dismesso, maestro discepolo, credente miscredente, gaio triste, saturnino gioviale, leggiero ponderoso, canino liberale, Simico consulare, sofista con Aristotele, filosofo con Pitagora, ridente con Democrito, piangente con Eraclito. Voglio dire, dopo ch’arete odorato con i Peripatetici, mangiato con i Pitagorici, bevuto con li Stoici, potrete aver ancora da succhiare con quello, che, mostrando i denti, aveva un riso sì gentile, che con la bocca toccava l’una e l’altra orecchia. Perchè, rompendo l’ossa, e cavandone le midolla, trovarete cosa da far dissoluto san Colombino, patriarca de li Gesuati, far impetrar qualsivoglia mercato, smascellar le scimie, e romper silenzio a qualsivoglia cemiterio. Mi dimandarete: che simposio, che convito è questo? É una cena. Che cena? De le ceneri. Che vuol dir cena de le ceneri? Fu vi posto forse questo pasto innante? potrassi forse dir qua: Cinerem tanquam panem manducabam? No; ma è un convito, fatto dopo il tramontar del sole, nel primo giorno de la quarantana, detto da nostri preti dies cinerum, e talvolta giorno del memento. In che versa questo convito, questa cena? Non già in considerar l’animo e gli effetti del molto nobile e ben creato sig. Folco Grivello, a la cui onorata stanza si convenne; non circa gli onorati costumi di que’ signori civilissimi, che, per esser spettatori ed auditori, vi furono presenti; ma circa un voler veder quantunque può natura in far due fantastiche befane, doi sogni, due ombre, e due febbri quartane: del che mentre si va crivellando il senso istoriale, e poi si gusta e mastica, si tirano a proposito topografiche, altre geografiche, altre raziocinali, altre mo-