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dialogo quinto | 121 |
dunque cosa conveniente a la comodità de le cose, che sono, ed a l’effetto de la perfettissima causa, che questo moto sii naturale da principio interno, e proprio appulso senza resistenza. Questo conviene a tutti corpi, che senza contatto sensibile di altro impellente o attraente si muovono. Però la intendono al rovescio quei che dicono, che la calamita tira il ferro, l’ambra la paglia, il getto la piuma, il sole l’elitropia; ma nel ferro è come un senso, il qual è svegliato da una virtù spirituale, che si diffonde da la calamita, col quale si muove a quella, la paglia a l’ambra, e generalmente tutto quel, che desidera ed ha indigenza, si muove a la cosa desiderata, e si converte in quella al suo possibile, cominciando dal voler essere nel medesmo loco. Da questo considerar, che nulla cosa si muove localmente da principio estrinseco, senza contatto più vigoroso de la resistenza del mobile, dipende il considerare, quanto sii solenne goffaria e cosa impossibile a persuadere ad un regolato sentimento, che la luna muove l’acque del mare, cagionando il flusso in quello, fa crescere gli umori, feconda i pesci, empie l’ostriche, e produce altri effetti; atteso che quella di tutte queste cose è propriamente segno, e non causa; segno e giudizio, dico, perchè il vedere queste cose con certe disposizioni de la luna, ed altre cose contrarie e diverse con contrarie e diverse disposizioni, procede da l’ordine e corrispondenza de le cose, e le leggi d’una mutazione, che son conformi e corrispondenti a le leggi de l’altra.
Smi. Da l’ignoranza di questa distinzione procede, che di simili errori son pieni molti scartafacci, che ne insegnano tante strane filosofie, dove le cose, che son segni, circostanze ed accidenti, son chiamate