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dialogo quarto 113

mobilis, e ne la margine: Ptolemaeus. Tra tanto il Nolano disse a costui, che volea far di questo, che sanno sin ai putti? Torquato rispose: Vide, tace et disce! ego docebo te Ptolemaeum et Copernicum.

Smi. Sus quandoque Minervam.

Teo. Il Nolano rispose, che, quando uno scrive l’alfabeto, mostra mal principio di voler insegnar grammatica ad un, che ne intende più che lui. Seguita a far la sua descrizione il Torquato, e circa il sole, ch’era nel mezzo, forma sette semicircoli con simili caratteri, circa l’ultimo scrivendo: sphaera immobilis fixarum, e ne la margine: Copernicus. Poi si volta al terzo circolo, ed in un punto de la sua circonferenza forma il centro d’un epiciclo, al quale avendo delineata la circonferenza, in detto centro pinge il globo de la terra, ed a fin che alcuno non s’ingannasse pensando, che quello non fusse la terra, vi scrive a bel carattere: terra, ed in un loco de la circonferenza de l’epiciclo distantissimo dal mezzo, figurò il carattere de la luna.

Quando vidde questo il Nolano: ecco, disse, che costui mi volea insegnare del Copernico quello, che il Copernico medesmo non intese, e più tosto, sarebbe fatto tagliar il collo, che dirlo, o scriverlo; Perchè il più grande asino del mondo saprà, che da quella parte sempre si vedrebbe il diametro del sole eguale, ed altre molte conclusioni seguitarebbono, che non si possono verificare. Tace, tace! disse il Torquato, tu vis me docere Copernicum? Io curo poco il Copernico, disse il Nolano, e poco mi curo, che voi o altri l’intendano; ma di questo solo voglio avvertirvi, che prima che vegnate ad insegnarmi un’altra volta, che studiate meglio. Ferno tanta diligenza i gentiluomini, che v’eran presenti, che fu


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