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dialogo quarto 109

mia ne puosero avanti in questa grave occasione! Fatevi dire, con quanta incivilità e discortesia procedea quel porco, e con quanta pazienza ed umanità quell’altro, che in fatto mostrava essere Napoletano nato, ed allevalo sotto più benigno cielo! Informatevi, come gli han fatte finire le sue pubbliche letture, e quelle de immortalitale animae, e quelle de quintuplici sphaera!

Smi. Chi dona perle a’ porci, non si de’ lamentar, se gli son calpestate. — Or seguitate il proposito del Torquato!

Teo. Alzati tutti di tavola, vi furono di quelli, che in lor linguaggio accusavano il Nolano per impaziente, in vece che doveano aver più tosto avanti gli occhi la barbara e salvatica discortesia del Torquato, e propria. Tutta volta il Nolano, che fa professione di vincere in cortesia quelli, che facilmente posseano superarlo in altro, si rimesse, e come avesse tutto posto in obblio, disse amichevolmente al Torquato: Non pensar, fratello, ch’io per la vostra opinione voglia o possa esservi nemico; anzi vi son così amico, come di me stesso. Per il che voglio che sappiate, ch’io prima ch’avessi questa posizione per cosa certissima, alcuni anni a dietro la tenni semplicemente vera; quando ero più giovane, e men savio, la stimai verisimile; quando ero più principiante ne le cose speculative, la tenni sì fattamente falsa, che mi maravigliavo d’Aristotele, che non solo non si sdegnò di farne considerazione, ma anco spese più de la metà del secondo libro del cielo e mondo, sforzandosi dimostrar che la terra non si muova. Quando ero putto ed a fatto senza intelletto speculativo, stimai, che creder questo era una pazzia, e pensavo, che fusse stato posto avanti da qualcuno