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dialogo quarto 105


Smi. Torquato che soggiunse?

Teo. Diamandò subito de la proporzione da’ moti de li pianeti e la terra.

Smi. Ed il Nolano, ebbe tanta pazienza, che vedendo un sì presuntuoso e goffo, non voltò le spalle, ed andarsene1 a casa, e dire a colui, che l’avea chiamato, che —

Teo. Anzi rispose, che lui non era andato per leggere, nè per insegnare ma per rispondere; e che la simmetria, ordine, e misura de’ moti celesti si presuppone tal qual’è, ed è stata conosciuta da antichi e moderni, e che lui non disputa circa questo, e non è per litigare contra li matematici, per togliere le lor misure e teorie, a le quali sottoscrive e crede; ma il suo scopo versa circa la natura e verificazione del soggetto di questi moti. Oltre disse il Nolano: s’io metterò tempo per rispondere a questa dimanda, noi staremo qua tutta la notte senza disputare, e senza ponere giammai li fondamenti de le nostre pretensioni contra la comune filosofia; perchè tanto gli uni quanto gli altri condoniamo tutte le supposizioni, pur che si conchiuda la vera ragione de le quantità e qualità de’ moti: ed in questi siamo concordi. A che dunque beccarci il cervello fuor di proposito? Vedete voi, se da le osservanze fatte e da le verificazioni concesse possiate inferire qualche cosa, che conchiuda contra noi, e poi arete libertà di proferire le vostre condannazioni.

Smi. Bastava dirgli, che parlasse a proposito.

Teo. Or qua nessuno de’ circostanti fu tanto ignorante, che col viso e gesti non mostrasse aver capito, che costui era una gran pecoraccia aurati ordinis.

  1. Anacoluton non troppo raro presso il nostro.