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102 | la cena de le ceneri |
carbuncoli, ed altre fantasie, de le quali come indifferenti niente manco il volgo s’arebbe possuto pascere?
Smi. Io per certo molto mi muovo da l’autorità del libro di Giobbe e di Mosè, e facilmente posso fermarmi in questi sentimenti reali più tosto, che in metaforici ed astratti: se non che alcuni pappagalli d’Aristotele, Platone ed Averroe, da la filosofia de’ quali son promossi poi ad esser teologi, dicono, che questi sensi son metaforici, e così in virtù di lor metafore le fanno significare tutto quel che li piace, per gelosia de la filosofia, ne la quale son allevati.
Teo. Or quanto siino costanti queste metafore, lo possete giudicar da questo, che la medesma scrittura è in mano di Giudei, Cristiani e Macumetisti, sette tanto differenti e contrarie, che ne partoriscono altre innumerabili contrarissime e differentissime, le quali tutte vi san trovare quel proposito, che le piace e meglio le vien comodo, non solo il proposito diverso e differente, ma ancor tutto il contrario, facendo d’un sì un no, e d’un no un sì, come verbi grazia in certi passi, dove dicono, che Dio parla per ironia.
Smi. Lasciamo di giudicar questi! Son certo, che a loro non importa, che questo sii, o non sii metafora: però facilmente ne potranno far star in pace con nostra filosofia.
Teo. Da la censura di onorati spirti, veri religiosi, ed anco naturalmente uomini da bene, amici de la civile conversazione e buone dottrine non si de’ temere; perchè, quando bene aran considerato, trovaranno, che questa filosofia non solo contiene la verità, ma ancora favorisce la religione più che qual si voglia altra sorte di filosofia; come quelle, che