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dialogo quarto 101

d’ogni buona teologia, naturalità e moralità, colmo di sapientissimi discorsi, che Mosè come un sacramento, ha congiunto ai libri de la sua legge. In quello un de’ personaggi, volendo descrivere la provida potenza di Dio, disse quello formar la pace ne gli eminenti suoi, cioè sublimi figli, che son gli astri, li dei, de’ quali altri son fuochi, altri sono acque, come noi diciamo, altri soli, altri terre, e questi concordano, perchè, quantunque siino contrarii, tutta via l’uno vive, si nutre e vegeta per l’altro, mentre non si confondono insieme; ma con certe distanze gli uni si muovono circa gli altri. Così vien distinto l’universo in fuoco ed acqua, che sono soggetti di doi primi principii formali ed attivi, freddo e caldo. Que’ corpi, che spirano il caldo, son li soli, che per sè stessi son lucenti e caldi; que’ corpi, che spirano il freddo, son le terre, le quali, essendo parimente corpi eterogenei, son chiamate più tosto acque, atteso che tai corpi per quelle si fanno visibili, onde meritamente le nominiamo da quella ragione, che ne sono sensibili, sensibili dico, non per sè stessi, ma per la luce de’ soli sparsa ne la lor faccia. A questa dottrina è conforme Mosè, che chiama firmamento l’aria, nel quale tutti questi corpi hanno la persistenza e situazione, e per li spazii del quale vengono distinte e divise le acque inferiori, che son queste, che sono nel nostro globo, da l’acque superiori, che son quelle de gli altri globi, dove pure si dice esserne divise l’acque da l’acque. E se ben considerarete molti passi de la scrittura divina, li dei e ministri de l’altissimo son chiamati acque, abissi, terre e fiamme ardenti. Chi lo impediva, che non chiamasse corpi neutri, inalterabili, immutabili, quinte essenze, parti più dense de le spere, berilli