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dialogo terzo | 93 |
sando per il fiume, se alcuno, che si ritrova ne la sponda di quello, venga a gittar per dritto un sasso, verrà fallito il suo tratto, per quanto comporta la velocità del corso. Ma posto alcuno sopra l’arbore di detta nave, che corra quanto si voglia veloce, non fallirà punto il suo tratto: di sorte che per dritto dal punto, ch’è ne la cima de l’arbore, o ne la gabbia al punto, ch’è ne la radice de l’arbore, o altra parte del ventre e corpo di detta nave, la pietra o altra cosa grave gittata non vegna. Così se dal punto de la radice al punto de la cima de l’arbore, o de la gabbia, alcuno ch’è dentro la nave, gitta per dritta una pietra, quella per la medesma linea ritornarà a basso, muovasi quanto si voglia la nave, pur che non faccia de gl’inchini.
Smi. Da la considerazione di questa differenza si apre la porta a molti ed importantissimi secreti di natura, e profonda filosofia, atteso ch’è cosa molto frequente e poco considerata, quanta sii differenza da quel, che uno medica sè stesso, e quel che vien medicato da un altro. Assai n’è manifesto, che prendemo maggior piacere e satisfazione, se per propria mano venemo a cibarci, che se per l’altrui braccia. I fanciulli allor che possono adoprar li proprii instrumenti, per prendere il cibo, non volentieri si servono de gli altrui; quasi che la natura in certo modo li faccia apprendere, che, come non v’è tanto piacere, non v’è anco tanto profitto, i fanciullini, che poppano, vedete, come s’appigliano con la mano alla
sì perchè non parve necessaria per sè, e sì perchè vi mancano le lettere, alle quali si riferisce il testo. Onde nel modo, in cui acconciammo agevolmente il testo, tralasciando solamente le lettere, il tutto sarà intelligibile abbastanza.