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si ruppe un piede, (fenomeno troppo comune, anche senza l’Eusapia); ma avendo io domandato che mi si portasse il cappello che era sul letto, il tavolo rispose che non si poteva e mi portò invece il parapioggia, che mio fratello, (perchè l’oscurità non era completa, ed egli era davanti al medio ed alla finestra), vide alzarsi per aria, passare sopra la sua testa e posarsi sulla mia. Io fui toccato più volte: ma, pel piccolo numero degli astanti, la mano di John King non raggiunse la solidità di cui è capace e rimase informe e fluidica. Furono battute le mani per aria. Appena parlai di finire e di accendere il lume, ci capitò sul tavolo il candeliere. Taccio dei fenomeni di minor importanza. Appena partita l’Eusapia, domandai a mio fratello:
« - Cosa ne dici?
« - Ma come succedono queste cose?
« - Non so; ma ti pare che le faccia lei?
« - Lei, colle sue mani, no sicuro.
« - Bene; l’esser sicuri di questo, è già una cosa».
Altre due sedute tenni coll’Eusapia sola. Ma a questo modo quello che i fenomeni guadagnano in sicurezza perdono di intensità. Tenni quindi altre due sedute, associandomi tre persone, ma sempre in istanza mia, sempre tenendo io una delle mani del medio; quello che mi stava in faccia e teneva l’altra mano era un sostituto procuratore del Re, professione che non mi sembra la più adatta a fornir dei compari; alla sinistra di questi stava suo cognato; alla mia destra stava la mia padrona