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lo sanno da un pezzo. E per tre sere ho tenuto la mano, non nel modo che dice il signor Torelli, ma come mi ha insegnato l’amico Ciolfi, cioè lasciando libere le punta delle dita (cosa che anche una macchina può esigere), e accompagnando la mano nei suoi movimenti convulsi, (che spesso seguono la direzione in cui deve compiersi il fenomeno), ma tenendo il pollice di quella mano fra l’indice e il medio della mia, in modo da sapere che mano tenessi. E spesso le ho tenute ambe le mani. E la sostituzione delle mani non l’ho mai constatata. - Ma può darsi benissimo ch’io sia un cattivo osservatore, e quindi che questa ragione valga poco.
2° L’Eusapia l’abbiamo legata una sera del giugno 1891 in casa del dottor Barbieri, e una delle sere scorse in casa Finzi; e le sedie venivano sul tavolo egualmente. Egli è vero che qualche volta qualcuno la slega; ma essa è la prima ad avvertircene e domandare la luce.
3° Per prendere, nell’oscurità completa, dietro domanda, gli occhiali di uno degli astanti e darli ad un altro, senza andar a tastoni, nè romper vetri, nè mettere un dito in un occhio, - per mettere sul tavolo un catino pieno d’acqua, o un secchio di paraffina disciolta nell’acqua calda, senza offendere, anzi senza bagnare nè toccare alcuno, - e per altri simili atti bisogna vederci perfettamente. E infatti il signor Torelli ammette la nictalopia dell’Eusapia. Ma la nictalopia che intende lui non esiste. I nictalopi ci vedono meglio nel crepuscolo, ma nell’oscurità completa nessuno ci vede.