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ad uno spirito o supposto spirito: «Tu dici di avere un organo visivo; allora com’è che tu non puoi vedere certe cose senza il medio?» E lo spirito gli dà una sensatissima risposta che qui riassumo: «Io ci vedo; ma le nostre sensazioni sono, quantitativamente e qualitativamente, diverse dalle vostre; sicchè altro è il veder una cosa per me, altro il vederla in modo da renderne conto a te; per questo bisogna che la veda come la vedresti tu; e per questo ho bisogno del medio». Se è difficile esprimersi per mezzo di un interprete, tanto più deve esser difficile il far capire per mezzo di un interprete i colori ad un cieco. L’interrogante e lo spirito sono come due prigionieri che vogliono comunicare traverso un uscio, e di cui uno è sordo e l’altro è cieco. Questo potrebbe spiegare l’oscurità e l’incoerenza di molte comunicazioni.
Terzo, noi non possiamo nemmeno dire che sia impossibile ciò che le intelligenze occulte asseriscono, ossia che gli spiriti si trovano in condizioni di vita molto diverse fra loro, a seconda delle attitudini e dei meriti acquistati nella vita passata, e del tempo dacchè sono morti; che gli uni sono ancora in quello che chiamano periodo di turbamento; altri conducono una vita erratica; altri sono occupati; altri lontani; altri condannati all’immobilità; altri all’oscurità; altri sono rinati; alcuni bassi, più materiali, e capaci solo di effetti fisici, altri adatti soltanto a darci di quelli che Monsù Travet chiama lumi superiori. È certo che con gente simile non si potrà sempre comunicare, nè sempre allo stesso modo. Tutte queste