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Ma, ricordandoci del criterio stabilito da principio, che non bisogna ammettere lo spiritismo che all’ultima estremità, noi vogliamo resistere ancora. Posto che il fantasma non è il defunto, (poiché è plasmato momentaneamente coll’energia del medio), ammettevamo che si può sospettare che sia fabbricato dal medio; ma neppure quando il fantasma reale di un defunto non può esser fatto dal medio nè da alcun altro vivente, possiamo stabilire come verità apodittica che sia fatto dallo spirito di quel dato defunto al quale il fantasma rassomiglia; perchè quel modello, che il medio non può avere, un altro defunto può averlo; è dunque possibile una sostituzione di persona. Si aggiunga poi che, secondo la giusta osservazione di Aksàkow (p. 753), la possibilità dell’imitazione si estende anche ai fenomeni intellettuali. Infatti un defunto potrebbe conoscere il segreto di un altro (sopratutto se, come dice il du Prel, il linguaggio degli spiriti è suggestione mentale e lettura del pensiero), e forse anche imitare la sua scrittura. Dunque, confessa l’Aksákow, non si può mai aver una prova assoluta dell’identità personale del defunto. Ma l’Aksákow conclude poi così per poter fare questa ultima obbiezione, bisogna precisamente ammettere la sopravivenza degli spiriti di altri defunti, e quindi la verità dello spiritismo, che era la cosa da dimostrarsi.
Ma non mi rassegno ancora. Voglio supporre che il fantasma, i segreti e la scrittura di un defunto ignoto al medio non provino neppure la comunicazione con un