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un corpo in una quarta dimensione; e conosca la costituzione della materia che i nostri chimici più illustri confessano di non conoscere ancora (sebbene la conoscano meglio di Empedocle e di Anassagora), e perciò, come essi decompongono dei corpi che per Empedocle ed Anassagora erano semplici, e cominciano perfino a comporre delle sostanze organiche come l’alcool, così uno spirito sia capace di sintesi e di analisi (materializzazioni e smaterializzazioni) che i nostri chimici non possono ancora fare; e così possa spingere la chimica organica sino a farmi un fiore. Queste ed altre simili ipotesi posso farle per uno spirito; ma non posso farle per un medio che so molto più ignorante di me.

E se non posso farle per il medio, tanto meno posso farle per l’incosciente del medio, che dev’essere molto più ignorante di lui. All’incosciente, ossia ad un’intelligenza di cui il medio non ha coscienza, e che per giunta non ha coscienza di sè (altrimenti nel medio vi sarebbero due coscienze), io potrò attribuire alcune delle cose più facili che ho imparato a fare coscientemente, come rimuovere una sedia, parlare in sogno, scrivere una frase; ma non posso supporre che sia capace di fare dei fiori freschi; che faccia delle cose che richiedono, a farle apposta, una scienza, che tutte le nostre università riunite non posseggono, la cognizione di una matematica, fisica, chimica e biologia trascendentale.

So bene che l’Hartmann, di cui ho letto ed ammirato anch’io la Filosofia dell’Incosciente, sostiene invece che