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Nessuno ammetterà che Rossi-Pagnoni sia un falsario. Dovrebbe dunque esserlo il suo incosciente. Ma ognuno ammetterà che il più abile falsario ha bisogno, per imitar una scrittura, di due cose: 1º di un modello, 2º di esercizio. Ora il Rossi-Pagnoni non aveva i modelli; ma mettiamo pure che ne avesse avuto sott’occhio qualcuno senza farvi attenzione, od ancora che il suo incosciente li avesse rintracciati colla chiaroveggenza. Ad ogni modo il suo incosciente non aveva potuto esercitarsi a copiarli, perchè per farlo aveva bisogno del braccio e della mano del Rossi-Pagnoni, che ne era almeno comproprietario insieme al suo incosciente, e che se ne sarebbe accorto. Dunque il suo incosciente era guidato da un’altra persona.
Ma quale persona vivente poteva guidare la mano di Rossi-Pagnoni? Un medio americano che scrive in italiano può esser consigliato da trenta milioni di italiani; ma uno che imita perfettamente la cifra di Luigi Artazú, non può essere guidato che da una o due persone che conoscono perfettamente la scrittura di Luigi Artazú. Il primo, e quasi il solo su cui potrebbe cadere il sospetto in questo caso, sarebbe precisamente suo figlio Ercole Artazú. Ma se Ercole, sebbene figlio di Luigi, e buon scrivano, diceva d’essere incapace di imitare tanto bene la cifra di Luigi, anche scrivendo volontariamente e di sua mano, potremo noi supporre che l’abbia imitata esattamente, colla mano del Rossi-Pagnoni, involontariamente, incoscientemente, e a distanza?
Non è egli più naturale, meno improbabile, che la firma