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figlio di Luigi Artazú, impiegato municipale e maestro di calligrafia, morto da lungo tempo. Io mi ricordo benissimo che una volta, in conversazione, il mio amico Ercole mi assicurò che prima non avea creduto allo spiritismo, ma che una volta venne a casa vostra, e voi gli faceste vedere certe comunicazioni scritte colla matita; che voi diceste di averle ricevute evocando lo spirito di suo padre Luigi, senza alcuno fosse presente; che non solo egli riconosceva in quelle pagine la forma elegante della scrittura di suo padre, molto differente dalla vostra, che è tutt’altro che bella; ma che il ghirigoro fatto sotto alla segnatura era esattamente quello che usava suo padre; e che egli stesso, che l’aveva avuto per tanto tempo davanti agli occhi, sarebbe stato incapace di riprodurlo, per lo meno colla stessa rapidità e speditezza». E si firma Ciro Giovagnoli, ufficiale telegrafico.

Questi esempj, se non sono fra i più rari, sono però i più adatti a convincerci della realtà del fatto; perché non si tratta di un fatto accaduto al signor X di Chicago o al signor Y di Baltimora; e il Rossi-Pagnoni, rettore di un ginnasio governativo a Pesaro, non poteva inventare un impiegato municipale senza essere smentito dal municipio, nè falsificarne la firma senza essere smentito dall’impiegato. E se un buon scrivano e un maestro di calligrafia non sono giudici competenti della scrittura del loro padre o del loro maestro di calligrafia, bisognerà rinunziare assolutamente alle perizie calligrafiche. Ora il ragionamento su questo fatto e sui fatti analoghi non può più esser lo stesso che per la lingua del defunto.