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altro; ma, siccome al mondo ci sono dei viventi che conoscono quell’arte, così non è necessario supporre che sia guidato da un defunto; può esser guidato da un vivente, bastando per ciò il supporre che, come il suo meccanismo vocale, così il suo meccanismo grafico sia tanto delicato e sensibile da poter esser adoperato anche da un altro vivente, anche involontariamente, anche incoscientemente, anche ad una distanza come quella dall’Australia all’Inghilterra. Ipotesi che chiunque troverà naturalissima, in confronto di quella della sopravvivenza dell’anima. Del resto abbiamo già visto che l’Aksàkow cita casi di comunicazioni medianiche di viventi, specie dormenti.
Ma ci possono esser prove migliori. Infatti una lingua è parlata da tutta una razza; ma la pronunzia e la scrittura variano per ogni individuo. Dalle parole che odo io non distinguo solo se chi parla è italiano, ma distinguo un amico da un altro; dalla soprascritta di una lettera si indovina chi è che scrive. Prove date dalla voce del defunto colla bocca del medio, non se ne citano ancora, non solo perchè parlando colla bocca d’un altro la voce deve alterarsi, ma perché una prova di simil genere non ha valore, fin che non si possa conservare col fonografo, per escludere l’illusione. Ma vi sono comunicazioni scritte da defunti ignoti al medio ed agli astanti, e nelle quali tuttavia la scrittura del defunto è stata riconosciuta dopo l’esperimento confrontandola con manoscritti del defunto.