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che vaneggiando al manicomio pronunciava delle frasi latine, rubate senza saperlo mentre il curato recitava il breviario. Ma esempj simili non hanno alcuna analogia con quello della Laura Edmunds, che era giovanetta, e non poteva aver imparato dieci lingue senza accorgersene, e sopratutto senza che se ne accorgesse suo padre.

Allora bisogna ricorrere alla supposizione che l’abbia imparata prima di nascere. Ma se si ammette la preesistenza dell’anima di Laura, e tanto più se si ammette che essa avesse vissuto sulla terra altre volte, e vi avesse imparato dieci lingue, si può ammetter anche la sopravvivenza del fratello di Marco Botzarís.

Se si respinge anche quest’ipotesi, bisogna dire che Laura non aveva imparato il greco nè in questa vita nè nell’altra. Allora, per cercar qualche analogia coi fatti naturali, si può ricorrere a un’altra ipotesi, quella della eredità. È noto che una delle vecchie questioni fra i psicologi è questa: se tutte le nostre cognizioni derivino dall’esperienza, o se ve ne siano di innate, a priori, cioè anteriori ad ogni esperienza; questione che, in linguaggio volgare, si riduce precisamente a questa: se vi siano delle cose che noi sappiamo senza averle imparate. Ed è pur noto che ora i positivisti, l’Häckel e lo Spencer, risolvono la questione così: 1°, vi sono delle cognizioni che ereditiamo dai nostri antenati, i quali le hanno acquistate coll’esperienza; sicché queste cognizioni sono innate nell’individuo, ma non nella specie; 2°, ciò che ereditiamo non è propriamente una somma di cognizioni, bensì